Sulle lettere di Carlo Roberto Dati ad Angelico Aprosio

Carlo Roberto Dati
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Giacomo Bosio di Chivasso

Giacomo Bosio nacque a Chivasso nel 1544 da una nobile famiglia che proveniva dalla città di Milano.

El Greco, Giacomo Bosio, c. 1610-1614 (Kimbell Art Museum, Fort Worth, TX, USA)

Fu celebre nelle armi e nelle lettere:

Bosio, Giacomo <1544-1627>, Histoire des cheualiers de l’Ordre de S. Iean de Hierusalem; contenant leur admirable institution & police, … Cy-deuant escrite par le feu S.D.B.S.D.L. & en cette derniere edition, diuisee par chapitres, & augmentee de sommaires sur chaque liure, & d’annotations a la marge, ensemle d’vne traduction des establissemens & ordonnances de la religion, par I. Baudoin. Oeuure enrichie, & illustree d’vne ample c, A Paris: Soly, Michel & Billaine, Pierre & Alliot, Gervais, 1629
Gracian, Jeronimo, Trattato del Giubileo dell’Anno Santo del P.M.F. Girolamo Gratiano carmelitano, e teologo dell’illustriss. card. Deza. Nel quale si dichiara che cosa sia giubileo, si spiegano le cagioni, e gli effetti suoi, e si mostra come degnamente guadagnar si debba. Tradotto di spagnuolo in italiano da Iacomo Bosio agente ordinario della sacra religione, & illustriss. militia di S. Giouanni Gierosolimitano nella Corte di Roma, In Roma: Zannetti, Luigi, 1599
Cavalieri di Malta, Li priuilegii della sacra religione di S. Gio. Gierosolimitano. Con un’indice volgare copiosissimo, aggiunto da Iacomo Bosio per maggior commodita de i Caualieri, In Roma: Tornieri, Giacomo Ruffinello, Giacomo, 1589
Bosio, Giacomo <1544-1627>, Historia della sacra religione et illustrissima militia di S. Giovanni gierosolimitano di Giacomo Bosio, Venetia, 1695
Cavalieri di Malta, Gli statuti della sacra religione di S.Giouanni Gierosolimitano. Tradotti di latino in volgare da Iacomo Bosio agente della medesima religione nella corte di Roma. Aggiuntoui li priuilegij dell’istessa religione, con due tauole copiosissime …, In Roma: Tornieri, Giacomo Ruffinelli, Giacomo, 1589
Bosio, Giacomo <1544-1627>, Dell’istoria della sacra religione et ill.ma militia di San Giovanni Gierosolimitano di Iacomo Bosio parte terza, In Napoli: Parrino, Domenico Antonio, 1684
Bosio, Giacomo <1544-1627>, La trionfante e gloriosa croce; trattato di Iacomo Bosio. Lettione varia, e diuota; ad ogni buon christiano vtile, e gioconda, In Roma nella stamperia del Sig. Alfonso Ciacone: Paolini, StefanoCiaccone, Alfonso, 1610
Bosio, Giacomo <1544-1627>, Le Imagini de’ beati, e santi della sacra religione & illustrissima militia di S. Gio. Gierosolimitano. Con un breuissimo compendio della vita, e de’ miracoli loro. Cauato dalla prima, e seconda parte dell’istorie della medesima sacra religione; scritte, e di nuovo ampliate da Iacomo Bosio, In Roma: Facciotti, Guglielmo, 1622
Bosio, Giacomo<1544-1627>, Crux triumphans et gloriosa, a Iacobo Bosio descripta libri sex; ad sacrae et profanae historiae lucem, et Christianae pietatis augmentum, vtilissimis, Antuerpiae: Officina Plantiniana Moretus Balthasar <1> & Moretus, Jean <2>, 1617
Bosio, Giacomo <1544-1627>, La Corona del caualier gierosolimitano di Iacomo Bosio. .., In Roma: Zanetti, Francesco, 1588
Bosio, Giacomo<1544-1627>, Dell’istoria della sacra religione et ill.ma militia di San Giouanni gierosolimitano di Iacomo Bosio parte prima \-terza, In Roma: Stamperia Vaticana, Facciotti, Guglielmo, 1594-1602
Bosio, Giacomo <1544-1627>, Historia della sacra religione et illustrissima militia di S. Giouanni Gierosolimitano di Giacomo Bosio, In Venetia, In Roma: Facciotti, Guglielmo Albrizzi, Girolamo, 1695
Cavalieri di Malta, Gli statuti della sacra religione di S. Gio. Gierosolimitano. Tradotti di latino in volgare da Iacomo Bosio … Aggiuntiui i Priuilegij dell’istessa religione, con due copiosissime di tutte le materie, …, In Roma: Stamperia Camerale , 1597
Bosio, Giacomo <1544-1627>, Histoire des cheualiers de l’Ordre de l’Hospital de S. Iean de Hierusalem contenant leur admirable institution et police la suite des guerres de la terre Saincte ou ilz se sont trouuez. La conqueste et les troys grans sieges de Rhode … Vol. 1. / second. Par P. Boyssat seigneur de Licieu, …, A Lyon: Rouille, Guillaume heritiers, 1612
Bosio, Giacomo <1544-1627>, Dell’istoria della sacra religione et ill.ma militia di S. Gio Gierosol.no di Iacomo Bosio parte prima [-seconda], In Roma: Facciotti, Guglielmo, 1621-1630
Filippi, Marco <1550fl.>, Lettere sopra il furioso dell’Ariosto in ottava rima. Di m. Marco Filippi soprannominato il funesto … con alcun’altre rime dell’istesso autore, & di don Ottauio Filippi suo figliuolo. Giontoui alcune rime del signor Giacomo Bosio …, In Venetia: Varisco, Giovanni & C., 1584

Fu Cavaliere e Commendatore dell’Ordine di Malta e laureato in entrambi le leggi, civili e religiose.
Nominato Gran Maestro dell’Ordine di Malta, fu più volte inviato in qualità di oratore presso alcune Potenze d’Europa.
Pubblicò a Roma diverse opere tra cui nel 1610 La trionfante e gloriosa Croce, un interessante libro che contiene un’ottantina di xilografie tra piccole e grandi, del più svariato interesse storico, ricco di curiosità e di notizie sul simbolo cristiano della Croce. Morì a Roma nel 1627.
Strettamente unito a Giacomo fu il grande nipote Antonio, padre dell’Archeologia cristiana moderna.
La memoria di Giacomo Bosio, inoltre, è legata al culto della Madonna Nera, molto diffuso a Chivasso nel 1600 e vivo ancora oggi. A lui si deve la costruzione della prima Chiesa dei Cappuccini e del suo Convento.

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Discussioni nel Seicento sulla moralizzazione del Teatro

La misoginia sublimata nell’“avversione più retriva avverso le Cantatrici e le Comiche cioè le Attrici, fu molto dibattuta nell’epoca aprosiana ed ebbe un certo qual suo vertice (pur all’interno di un più esteso dibattito contro le licenze erotiche dell’arte, sia essa pittorica e scultorea che rappresentativa e/o teatrale) negli scritti di due personaggi del pari già citati: il Vescovo Lorenzo Azzolini di cui “il Ventimiglia” recuperò questo significativo brano della Satira della Lussuria e quasi contestualmente Domenico Ottonelli che nella “Grillaia” del 1668 fu scritto “Domenico Bonelli” estrapolando Angelico da un suo lavoro un brano dai contenuti tra il tragico e l’erotico e comunque pervaso di misoginia pubblicato entro il Capitolo (o “Grillo”) XXI Delle disgratie accadute à gli Adulteri ed alle Adultere, e perche con tutto ciò si proseguisca l’Adulterare.

Stando all’epistolario dei suoi corrispondenti l’agostiniano intemelio non doveva avere all’epoca molti dati su questo personaggio che neppure risulta ascritto tra i “Fautori dell’Aprosiana” ma che poi Aprosio recuperò elogiativamente in questa sarcina piuttosto interessante sugli onesti diletti di uomini e donne all’interno del già inedito ed ora in gran parte digitalizzato Scudo di Rinaldo II.

Per sua parte Domenico Ottonelli rimediò ad una tardiva amicizia, che lo conquistò, fornendo in pratica alla Biblioteca di Ventimiglia quasi tutti i testi della sua vasta produzione, in particolare moralistica ed antidonnesca ma assai attenta al Teatro ed alla sua moralizzazione: tra queste opere due spiccano in modo particolare in merito al tema degli spettacoli e sono tuttora custodite all’Aprosiana di Ventimiglia, si tratta del Della pericolosa conuersatione con le donne, o poco modeste, o ritirate, o cantatrici, o accademiche, opera del p. Gio. Domenico Ottonelli da Fanano, sacerdote della… – In Fiorenza: Franceschini, Luca & Logi, Alessandro, 1646 (nella quale quasi come un epitaffio in merito alla pericolosità per la morale della donna e soprattutto della donna di Teatro spicca emblematica questa sequenza narrativa) e quindi dell’assai più noto volume Della Christiana moderatione del theatro ricordo primo, detto la qualita delle comedie; per dichiarare, quale sia la lecita a buoni christiani, e quale sia la illecita… – In Fiorenza: Franceschini, Luca & Logi, Alessandro, 1646 di cui qui anche a titolo esemplificativo di uno stato epocale di propone digitalizzata parte di un’ edizione del 1648 (di cui comunque si propone l’intiero schema in cui è strutturata l’opera integralmente multimedializzata e a disposizione -al pari della precedente- degli utenti di “CulturaBarocca” che ne risultino motivatamente interessati per ragioni di studio) = la lunga parte disposta in rete è praticamente da giudicare la quasi totalità del Capo III dell’opera in questione da cui si possono evincere le notazioni forse più interessanti a riguardo delle Comiche od Attrici.

A titolo di chiosa su questi personaggi e su questa annosa polemica concernente il “Mondo dello Spettacolo” pare opportuno rammentare, data la speciale caratteristica di questo sito, che Angelico Aprosio, pur senza enfatizzare il fatto e nemmeno abiurando alla sua misoginia (da rivisitare criticamente comunque, specie contro certi errati e dominanti luoghi comuni) aveva “passione per il Teatro” ma non si astenne, ” anche ” per motivi di sinergia culturale con personaggi come l’Azzolini e l’Ottonelli, dal partecipare alla complessissima ed epocale discussione sulla moralizzazione del Teatro seppur senza produrre argomenti particolarmente nuovi o polemici sulle “Teatranti” quanto semmai soffermandosi (non senza l’esigenza da parte nostra di una doverosa rivisitazione critica in merito ad un vecchio saggio) su qualche osservazione tanto acuta quanto pure decisa contrariamente a quanto già scritto sul delicato tema della castratura e degli “evirati cantori” sia nei Teatri che nelle Cantorie Ecclesiastiche surrogandole appunto con “Evirati Cantori” tema peraltro destinato a riproporsi un secolo dopo all’epoca del grande eviratore cantore Farinelli.

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Un famoso controversista del Seicento

Fonte: Wikipedia

Martin Becan (più diffusamente col nome latinizzato di “Martinus Becanus”), di cui Aprosio parla a p. 249 della sua “Bibliotheca Aprosiana”) fu controversista ben noto con altri illustri autori.

Nato a Hilvarenbeck, nel Brabante, Olanda, il 6 gennaio, 1563, si spense carico di gloria a Vienna, il 24 gennaio, 1624.

Entrò nella Compagnia dei Gesuiti il 22 marzo 1583, insegnò teologia per ventidue anni a Wuerzburg, Mainz e Vienna e fu confessore dell’imperatore Ferdinando II dal 1620 fino al periodo della sua morte.

Fu autore di importanti scritti polemistici principalmente avverso Calvino, Lutero e gli Anabattisti.

L’essenza del suo pensiero fu concentrata nel volume “Manuale Controversarium” di cui furono fatte ripetute ristampe. In tale lavoro egli difese il sacramento dell’Eucarestia ed il principio dell’infallibilità della Chiesa.

Merita di esser qui riproposto in originale dal testo menzionato quanto l’autore scrisse – e che certamente fu noto ad Aprosio – in merito a possibili casi di Tolleranza da parte dei Principi Cattolici verso gli Eretici nei loro Domini ed ancora di Tolleranza da parte dei Principi Cattolici verso i Giudei nei loro Domini.

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Stenone, “Anatomicus regius”, fondatore della geologia, Vicario Apostolico

Lettera del luglio 1676 di Stenone ad Aprosio, custodita presso la Biblioteca Universitaria di Genova, “Fondo Aprosio”

Angelico Aprosio ebbe un particolare interesse anche per lo scienziato danese Nicola Stenone, alias Niels Stensen, con cui fu in corrispondenza e dal quale ricevette almeno una particolarissima ed emblematica lettera.

Fonte: Wikipedia

A Nicola Stenone, tra le altre, si deve la scoperta del dotto salivare o Dotto di Stenone (“Disputatio anatomica de glandulis oris et nuper observatis inde prodeuntibus vasis“) e l’affermazione comprobata che il cuore è un muscolo (“De musculis et glandulis observationum specimen” del 1664). A Copenaghen ottenne il titolo di “Anatomicus regius”…

Fonte: Wikipedia

Niels Stensen, nato nel 1638 a Copenaghen, non ebbe la vocazione ecclesiastica di pastore luterano, come suo padre Peter e molti del suo casato, ma praticava il luteranesimo con fede viva, con entusiasmo religioso e correttezza morale.

Justus Sustermans (?), Nicola Stenone
Fonte: Wikipedia

Ebbe invece marcata vocazione scientifica.
In un secolo geniale e ricchissimo per la filosofia, la scienza, l’arte, la religione…, partecipò alla più bella avventura del pensiero del suo secolo scoprendo alcuni segreti della natura e additando nuove mete alla ricerca umana.
Nell’università di Copenaghen studiò lingue, matematica, anatomia e medicina, con grande profitto, meritando l’amicizia del grandissimo filosofo Spinoza.
Viaggiò molto, destando nelle maggiori università d’Europa (Leida in particolare) ammirazione e riscuotendo stima. In una specie di diario, intitolato Chaos, sul cui primo foglio a 21 anni scrisse In nomine Jesu, si legge: Peccano contro la grandezza di Dio coloro che non vogliono studiare direttamente le opere della natura… in tal modo si privano della gioiosa osservazione delle mirabili opere di Dio.
A lui, tra le altre, si deve la scoperta del dotto salivare o Dotto di Stenone (Disputatio anatomica de glandulis oris et nuper observatis inde prodeuntibus vasis) e l’affermazione comprobata che il cuore è un muscolo (De musculis et glandulis observationum specimen del 1664).

A Copenaghen ottenne il titolo di Anatomicus regius: quindi per l’opera De solido intra solidum naturaliter contento dissertationis prodromus (del 1669) ebbe il titolo di Fondatore della geologia.
Gran parte delle rilevazioni per quest’opera le realizzò in Toscana: appunto studiando questa area geologica diede in pratica vita alla moderna stratigrafia.
Inoltre, sempre nel 1669, editò una memoria basilare sulla storia della geologia, descrivendo la forma esagonale dei cristalli di quarzo.
Studiò pure i resti di animali e di piante (fossili) e dando vita alla “paleontologia” ed anche alla “cristallografia geometrica”.

Fu suo convincimento che belle sono le cose che si vedono, più belle quelle che si conoscono, ma più belle assai quelle che non si possono conoscere. Proprio in Toscana, precisamente a Livorno dove era sbarcato nel febbraio 1666, ebbe un’esperienza basilare.
Era il 24 giugno 1666: festa del Corpus Domini e Livorno celebrava con grande solennità la processione eucaristica. Passavano, cantando, lunghe file di uomini in tuniche bianche e cordone; e c’erano gonfaloni e drappi al vento… i gran pavesi delle navi in porto… un gran baldacchino d’oro sorretto da dignitari civili con insegne e onorificenze. La gente s’inginocchiava al passaggio dell’Ostensorio e gli occhi ardevano d’amore fissando quell’Ostia e le teste di prosternavano in adorazione. Da qualche parte piovevano petali di fiori. Un ragionamento afferrò la sua mente: “o quell’Ostia è un semplice pezzo di pane e costor che gli fanno tanti ossequi sono pazzi; oppure Essa contiene il vero corpo di Cristo, e allora perché non l’onoro anch’io?” (R. Angeli, Niels Stensen).
Il 2 novembre dell’anno seguente passò alla fede cattolica e si dedicò con impegno allo studio della Teologia, della Sacra Scrittura e dei Padri della Chiesa, anche per rispondere a chi lo accusava di tradimento verso la religione in cui era nato.

Otto anni dopo (1675), a Pasqua, ricevette l’ordinazione sacerdotale nel duomo di Firenze, dove iniziò il suo ministero come Curato.

Non dimenticò mai Livorno, dove spesso tornò per attendere, nella chiesa di S. Sebastiano, alle confessioni ed alla predicazione a favore degli stranieri che si fermavano in questa città di mare.
Fu consacrato Vescovo nel 1677 e prese a peregrinare come pastore di anime e autentico missionario nei paesi del Nord Europa.

Nominato Vicario Apostolico dell’intera Germania nord-occidentale e della Danimarca – Norvegia, con sede ad Hannover, si distinse per grande carità e gentilezza verso tutti ed insieme per la fermezza nella difesa della verità cattolica.
Lo stesso filosofo Leibniz lo stimò per la sua grande pietà e dottrina nonostante le personali divergenze circa la riunione delle Chiese, divise da guerre di religione.
A Munster, dove fu inviato come Vescovo suffraganeo, molto si adoprò e soffrì per il basso livello religioso della popolazione, la miseria sociale, il carrierismo ecclesiastico e le negligenze del clero per il quale scrisse il libro Doveri pastorali.
Fu il Vescovo della carità, della pazienza e del dialogo, ma anche della fermezza come attesta la sua fuga dalla città per opporsi all’elezione simoniaca del nuovo vescovo residenziale.
Si trasferì ad Amburgo per riassumere gli impegni di Vicario Apostolico; ma, invitato dal duca di Schweverin, accettò l’umile incarico di costituire in quel paese una comunità cattolica prendendo cura dei pochi cattolici ivi residenti.
Qui visse come semplice prete, tutto dedito al bene altrui, dimentico di sè, ricco d’amore e nella più grande sofferenza che univa ai dolori di Cristo crocifisso.
Stroncato da una gravissima malattia maligna per ultimo sussurrò: Gesù, sii il mio Gesù.
Era il 25 novembre (5 dicembre del calendario gregoriano) del 1686.
Deposto con le vesti pontificali nella cappella del palazzo reale, fu sepolto nella cattedrale luterana della città.
Il Granduca Cosimo III di Toscana, suo grande amico e benefattore, volle dargli sepoltura più condegna e non avendolo potuto avere come Proposto della Collegiata di Livorno, ne volle almeno la salma nei suoi Stati.

La tomba di Stenone
Fonte: Wikipedia

Il suo corpo, imbarcato ad Amburgo, approdò al porto della sua indimenticabile Livorno e, trasferito a Firenze, riposa nella cripta della Basilica di San Lorenzo.

Papa Giovanni Paolo II lo ha iscritto tra i beati il 23 ottobre 1988 e la liturgia ne celebra la memoria annuale il 5 dicembre.

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Ginipedia, un libro criticato da Cristina di Svezia

 

 

Un libro, sorta di galateo delle donne, nobili in particolare, che suscitò le critiche di Cristina di Svezia e di altre letterate cioè la, fortunata specie fra i conservatori, Ginipedia overo Avvertimenti per Donna Nobile

Nel contesto della trattazione sono qui leggibili di seguito questi capitoli (evidenziati dlla loro titolatura in carattere rosso) digitalizzati (con integrazioni critiche, tra parentesi quadre e caratteri a colori diversi dal rosso, ad opera di Cultura-Barocca dell’opera di Vincenzo Nolfi di cui sopra si vede il ritratto.

[Vincenzo Nolfi da Fano (1594-1665) fu autore del poema agiografico “La Santa Casa di Loreto”, della tragedia “Romilda” e del dramma per musica “Bellerofonte” (ben conosciuto da Aprosio come qui si vede ed utilizzato entro lo Scudo di Rinaldo, parte I, opera certo misogina ma con intenti predicatori oltre che satirici in merito al comportamento delle donne), della fortunata “Ginipedia overo avvertimenti per donna nobile” (qui leggibile integralmente digitalizzata anche per le postazioni misogine e le critiche patite da certe erudite) che ebbe ben tre edizioni.]

Donne che si espressero contro le convenzioni senza “Maschera” = Suor Arcangela Tarabotti, Suor Suor Juana Inés de la Cruz -in italiano “Suor Giovanna della Croce” e Maria Cristina Regina di Svezia (vedi qui testo ed edizione critica delle loro opere: edite e inedite)

Maria Cristina di Svezia era ideologicamente ma soprattutto caratterialmente contraria al dimensionamento e alla subordinazione della donna al pari per esempio, seppur con forme e modalità diverse, di Suor Arcangela Tarabotti e Suor Suor Juana Inés de la Cruz (in italiano “Suor Giovanna della Croce”) e se si vuole risultava in opposizione a donne più legate al conformismo epocale come per esempio la letterata alessandrina Isabella Sori (e del resto questa distinta postazione intellettuale sulla formazione ed educazione della Donna e in particolare della Damigella di buona famiglia si sarebbe proposta nel XVIII con toni diversi ed in opere distinte e tra loro polemiche come qui si vede).
Maria Cristina di Svezia era conseguentemente contraria alle postulazioni che si proponevano entro alcuni prodotti letterari connessi all’educazione e alla formazione femminile compresa questa sorta di “Galateo Femminile” che è la  Ginipedia overo Avvertimenti per Donna Nobile

Di cui – dopo la Dedicatoria, quindi la Presentazione dello Stampatore e finalmente il “Proemio dell’Autore” importante per comprendere l’essenza vera dell’opera rivolta alla moglie istruita come tante fanciulle di buona famiglia in Convento – si possono qui leggere anche le Parti o Capitoli in cui risulta divisa.
L’autore, prima di concludere la sua pubblicazione, stende un Ultimo avvertimento alla Dame in merito all’esser conformiste e sempre comportarsi in maniera impeccabile ed altresì poco innanzi d’ aver steso un suo abbastanza banale elenco di “Donne Illustri” si era metodologicamente fatto carico di analizzare e suggerire diversi possibili comportamenti delle Dame, sempre ispirati a moderazione e buon senso in merito a vari aspetti dall’abbigliamento, alla cosmesi, alla vita di relazione.

Spiccano poi però particolarmente nel corso della vasta trattazione i numerosi capitoli finali dedicati alla Donna Nobile Sposata quale punto essenziale ma sempre subordinato al Marito entro l’elemento nucleare quanto basilare della società: vale a dire la Famiglia.
Ed in merito a questo si leggano qui i digitalizzati capitoli:
– Capitolo 22 – Delle Nozze [con a fondo pagina un’importante aggiunta critica sulla letteratura antidonnesca e in dettaglio sui problemi connessi al “Matrimonio” e “A qual Donna sposare” = l’autore, che cerca di scrivere non urtando alcuna postazione ideologica o suscettibilità e che quindi evita programmaticamente i temi aspri, pur raccomandando più volte alle lettrici di tenere un comportamento irreprensibile mai parla di adulterio = sostanzialmente si astiene, da moderato qual è, da uno dei temi più dibattuti dell’epoca in campo morale tanto che l’erudito intemelio A. Aprosio scrisse in pratica questa sua “Storia dell’Adulterio” – pariteticamente V. Nolfi nemmeno affronta altri temi delicati come per esempio = lo stupro o violenza carnale storica, spesso incompresa e sempre discussa offesa alla dignità femminile ma che gli comporterebbe l’obbligo di assumere una qualche postazione ideologica atteso che nel Diritto Intermedio, peraltro, anche in occasione di testimonianze le Donne, già tra loro moralmente e socio-economicamente distinte (donna nobile, donna onesta, donna umile, donna di discussa reputazione ecc.) hanno dei ben precisi limiti prefissati alla loro facoltà di testimoniare]

– Capitolo 23 – Della favola d’Himeneo [racconto mitologico con divagazioni storico – didattiche]
– Capitolo 24 – Seconda Parte della favola d’Himeneo[racconto mitologico con divagazioni storico – didattiche]
– Capitolo 25 – Terza Parte della favola d’Himeneo[racconto mitologico con divagazioni storico – didattiche]
– Capitolo 26 – Quarta Parte della favola d’Himeneo[racconto mitologico con divagazioni storico – didattiche]
– Capitolo 27 – Quinta Parte della favola d’Himeneo [racconto mitologico con divagazioni storico – didattiche]
– Capitolo 28 – Del visitare, e corteggiar spose [nello scrivere seicentesco del Nolfi si può fraintendere: egli qui allude – a prolusione dei capitoli che seguiranno (concernenti il modo di partecipare ai diletti consentiti) – a ciò che una Sposa e specialmente una Sposa Nobile può e/o deve fare sempre attenta a non diventare oggetto di sospetti sin a perdere la dignità ]
– Capitolo 29 – Della Bellezza [I due tipi di bellezza: la “bellezza spirituale” e la “bellezza fisica” necessità della simmetria fra le parti = il caso della fronte – le caratteristiche del naso – la terza parte del volto = la bocca e il mento – le orecchie (fine pagina) – le tempie – gli occhi (fine pagina) – il collo – il corpo e le braccia (fine pagina) – i piedi e le gambe – i lineamenti ed il colorito (centro pagina) – i capelli ed il loro colore = i “capelli d’oro” – i “capelli biondi” – i capelli rossi ed i capelli neri – le ciglia (centro pagina)]
– Capitolo 30 – Degli Occhi (“Della Bellezza degli Occhi”) [Scrive il Nolfi in fine di capitolo = Concludo , che gli occhi, ò negri, ò cerulei, ch’essi siano, sono il Teatro ove spiega le sue pompe la bellezza di tutto il corpo]
– Capitolo 31 – Del colore di altre parti del corpo concernenti alla bellezza [il colore delle labbra – le guancie e il collo – la presenza di un “neo (nevo)” sul volto – presenza di nevi in altre parti del corpo = influenza sui ragionamenti del Nolfi della Metoscopia e della Fisiognomia – le caratteristiche che una mano deve avere – le caratteristiche delle unghie perfette – il pregio delle “fossette che si formano nel ridere e/o parlare” – l’importanza di aver un bel corpo ma grande e ben proporzionato e non piccolo o troppo minuto = v’è comunque da precisare che il Nolfi trattando dell’argomento non assume atteggiamenti di estremo antifemminismo per esempio in merito alle orecchie sul come “ornarle” con pendenti ed orecchini come usuale in certa letteratura epocale o se si vuole sulla più estesa arte della cosmesi mai esente da critiche da parte dei conservatori e su cui come qui si legge scrissero molti autori giocando, anche ferocemente, contro l'”arte del trucco intesa come arte dell’inganno” e vano, folle spediente di voler ingannare il tempo impietoso che passa: volendo proprio trovare una riprovazione del Nolfi egli la dedica solo alle unghie da non far crescere quasi sembrino artigli ma anche in questo caso non assume i toni esasperati dell’antifemminismo tradizionale come fa Aprosio in questo Capitolo dello Scudo di Rinaldo I in cui l'”Uso delle unghie lunghe” è concesso solo a Medici, Chirurghi, Comari ed Ostetriche menzionando del pari i circoncisori Ebrei e poi giudicato costume degli “Indi” sulla base di Apomisar ]
– Capitolo 32 –
Di alcuni Privilegi della bellezza
– Capitolo 33 – Diverse considerazioni sopra la bellezza
[Dall’inizio del capitolo il Nolfi dedica molte considerazioni ai pregi della bellezza ma la cita anche come bene fragile di cui non insuperbirsi in nome anche del giudizio corrente al suo tempo del tempo che tutto travolge e del “memento mori]…

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Il bibliotecario di Richelieu e di Mazzarino

Fonte: Wikipedia

Gabriel Naudé, nato a Parigi nel 1600 e morto ad Abbeville, Piccardia, nel 1653, studiò medicina a Parigi e a Padova. Erudito, autore di moltissime opere,  in contatto con gli uomini politici del suo tempo, fu segretario dell’ambasciatore pontificio in Francia Guidi di Bagno.

Fu bibliotecario di Mazzarino (ancora prima di Richelieu). In questa veste scrisse “Norme per costituire una biblioteca” (Advis pour dresser une bibliothèque, 1627) e raccolse in dieci anni per Mazzarino un’immensa biblioteca detta, alla moda dell’epoca, dal suo mecenate MAZZARINA, che andò gravemente danneggiata durante la Fronda (1651) anche se poi venne restaurata e recuperata in gran parte al pubblico.

Fu poi al servizio di Cristina di Svezia.

Figura importante del libertinismo francese, inaugurò la critica razionalistica della magia.

Scrisse le “Considerazioni politiche sui colpi di stato” (1639).
Siamo nell’ambito di una tradizione di studi sulla politica di tipo machiavelliano. Naudé è uno scettico pirroniano, un “libertino”: nella sua precettistica, parla anche di casi particolari: la notte di San Bartolomeo per lui fu una dolorosa, ma giustificata operazione tesa al bene della Francia, ma fallì perché non tutti i protestanti furono sterminati come sarebbe stato opportuno.

La sua opera, accanto a quella di molti altri, servì soprattutto alle classi al potere, e in particolar modo ai reggitori degli Stati assolutistici del tempo.
Ma, nello stesso tempo, fu utile nel lungo processo che porta alla liberazione del pensiero dalla superstizione e dalla falsificazione del potere.

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Non m’è però nuovo, che… poco curandosi di simili gemme le sogliono… mettere a rinfuso nella fabrica d’un muro

Angelico Aprosio“il Ventimiglia” secondo G. Rossi (lettera a T. Mommsen) fu il primo esploratore per quanto estemporaneo dati i tempi ed i mezzi dei reperti romani del centro demico principale a Nervia del municipio imperiale romano di Albintimilium di cui individuò la topografia sommaria contro il parere dei più: segnali di non poco conto suggeriscono che dalle escursioni che fin da giovanissimo condusse nell’area di Nervia di Ventimiglia (IM) che copriva i resti della citta – al punto di ideare la stesura di un’ opera non competamente perduta vale a dire Le Antichità di Ventimiglia –  egli verosimilmente recuperò assai più di quanto pur ammise in un’opera pubblicata quando aveva in gran parte abbandonate certe investigazioni [investigazioni su cui però sappiamo meno di quanto probabilmente avvenne. Certo, ogni volta che il dotto frate veniva a sapere del rinvenimento casuale di oggetti dissepolti e inspiegabili dovette muoversi nella speranza di qualche signficativo ritrovamento ma molto non si può dire avendo un segnale plausibile solo in merito alla località, frazione di Ventimiglia, di Latte o meglio, come all’epoca si diceva, della Villeggiatura di Latte su cui redasse una breve sarcina narrativa in relazione ad un oggetto dissepolto e verosimilmente d’epoca romana.

Di tutto questo lavorio aprosiano in merito alla realizzazione di una raccolta di anticaglie a fianco della “Libraria” qualche cosa anche si evince da vari segnali di natura legale in effetti assai poco studiati calcolando anche che a differenza di molti non avrebbe mai avuta la possibilità – già tanto spendendo per i libri – di impegnarsi sul già oneroso mercato antiquario.

La giovanile passione aprosiana per la classicità, e specificatamente per il nascente antiquariato e la crescente sua affermazione, verosimilmente prende sì il via dalle investigazioni sul sito della prebenda di Nervia a contemplare i reperti romani evidenziati dalle esondazioni del torrente Nervia, ma poi cresce im maniera esponenziale, come dal frate stesso, oramai adulto ed in pieno agone culturale e letterario, più o meno chiaramente espresso in forza anche dei suoi spostamente, dalla Toscana alla Repubblica di Venezia, e dei contatti con altri e più esperti ricercatori e catalogatori di anticaglie.

Comunque si fa presto un’ottima reputazione sì che durante il gratificante soggiorno veneziano (vedi), soprattutto, la passione antiquaria interagisce con la fama di bibliofilo quale altro costante connotatore del frate di Ventimiglia (del resto la sua raccolta libraria e di oggetti rari era detta tanto “Biblioteca Aprosiana” quanto “Museo Aprosiano”) ed evidenziata, fra tanti altri eruditi, sia nel giudizio del sopra citato Tomasini quanto in quello del danese Thomas Bartholin che in un’opera oramai rarissima e qui digitalizzata scrive a riguardo di una “moneta” effigiante Didone costituente un unicum esser custodita nella Raccolta numismatica di Aprosio che vien definito (trad. dal lat.) …espertissimo sia in materie sacre quanto in discipline profane].
Le gratificazioni di intellettuali ed eruditi di tanta caratura portano vieppiù “il Ventimiglia” a fortificarsi e perseverare in siffatta forma di cultura, anche quando passa apertamente e prevalentemente al polemismo letterario sulla scorta delle dispute sull’Adone– “querelle” Marino – Sigliani e poi al Polemismo moralista -specie, ma non solo, misogino- quasi contestualmente nell’ambito del libertinismo dell’Accademismo degli Incogniti di Venezia

Nello specifico Aprosio fu dedito sia ad esaltare come sopra già si è detto la maggiore sensibilità germanica sul tema di antiquariato, epigrafia classica, custodia dei beni culturali oltre che la superiorità degli investigatori tedeschi che nel contempo a muovere severe critiche avverso i frati, in Liguria come in tutta Italia, per la scarsa o nulla sensibilità in merito alla conservazione dei beni culturali e dei reperti romani. 


Non m’è però nuovo, che li FF. [Frati] quasi tanti Galli di Esopo, poco curandosi di simili gemme [allude soprattutto alle epigrafi latine] le sogliono, come si fa d’ogn’altra più rozza pietra, mettere a rinfuso nella fabrica d’un muro scrisse ad un certo punto l’Aprosio…

Pur non disponendo di grandi risorse Aprosio era pur sempre un erudito accreditato, un religoso e non mancava di conoscenze (basti pensare ai suoi rapporti con il Museo milanese di Manfredo Settala frequentato, ammirato e studiato grazie all’amicizia personale con Carlo Settala, fratello di Manfredo, e vescovo di Tortona) da cui poteva esser favorito di qualche omaggio antiquario: e poi “il Ventimiglia” viaggiava tanto e non evitata di frequentare la gente umile, quella che trovava reperti che non comprendeva e che sottoponeva alla sua esperta attenzione: come non pensare che nelle tante frequentazioni con persone umili,comuni ed inseperte che gli sottoponevano oggetti rinvenuti e temuti come stranezze e diavolerie attesa la sua passione, senza ambizioni di lucro ma per ambizione di sapere e vedere il bello dell’antico, si sia tenuto per la propria raccolta quanto gli altri avrebbero cacciato o distrutto e così, per divagazione erudita, vien da pensare a quel suo viaggio, tra agricoltori e buone donne, lungo la via del Piave od ancora a quella sua spedizione in terra straniera -ad Eben nel Nord Tirolo- tra gente semplicissima, che però trovava e mostrava e donava senza nulla chiedere i reperti di un mondo antico che ignorava e i cui resti altrimenti avrebbe disperso ( già assodato che non sarebbe facile orientarsi tra gli antiquari e/o gli eredi e gli amici degli stessi con cui Aprosio ebbe contatti a titolo puramente casuale e quantomeno cronologico un nome sovviene ed è quello del cognato di Arcangela Tarabotti l’avvocato di Bergamo Jacopo Pighetti (vedi fine pag. 168) e quindi vedi pagina 170 che non solo parteggiò per il frate ventimigliese nel contesto della polemica con la suora veneziana ma che, per quanto economicamente dissennato e spesso indebitato, amava raccogliere antichità romane -lucerne specificatamente- che anche sottopose come qui si legge e vede al giudizio di Fortunio Liceti nel caso di una lucerna di soggetto non erotico ma osceno o tragico a seconda dei punti di vista effigiante -a parere condivisibile dell’esperto antiquario- la pena del rafanismo a scapito di un adultero.

Data la ritrosia aprosiana a denunciare al Liceti la provenienza della “Lucerna di Vulcano” potrebbe anche essere che sia stato il Pighetti o per quietare l’Aprosio già incaricato nel 1644 di riscuotere il denaro di debiti da lui fatti o per compensare il frate ventimigliese di qualche aiuto economico, magari sotto forma di avallo e o garanzia, colui che gli avesse ceduto l’oggetto antico e raro, motivo ed azione, in effetti, di cui un religioso non poteva vantarsi: ma come detto queste sono ipotesi elaborate entro un contesto estremamente difficile da inquadrare e quindi destinate a rimanere mere supposizioni senza fondamento documentario e pure stravaganze erudite o se vogliamo curiose ipotesi…

 

da Cultura-Barocca

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Giovan Battista Marino

Frans Pourbus il Giovane, Ritratto di Giovanni Battista Marino, c. 1621 (Detroit Institute of Arts)
Fonte: Wikipedia

Giovan Battista Marino (Napoli 1659-ivi 1625), a lungo ritenuto massimo lirico del ‘600, fu poeta girovago, dai molti soggiorni presso corti spesso prestigiose. Resta celebre il caso dei difficili soggiorni presso quella sabauda dove era amato per il genio poetico e temuto per la lingua mordace. Giunse qui ad autentici scontri con Gaspare Murtola, segretario del duca di Savoia Carlo Emanuele I, ma anche poeta colla sua Creazione del mondo. Le simpatie del duca, alcuni giudizi invero pesanti sul poema del Murtola, la stesura d’una presa in giro letteraria di quest’ultimo (le “fischiate” della Murtoleide) scatenarono gelosie ed odio del segretario-poeta che, non soddisfatto delle “risate” della sua Marineide, tentò d’uccidere il rivale in un agguato.

Dopo un soggiorno a Ravenna, Marino rientrò al servizio del duca di Savoia ma, questa volta, i guai gli derivarono dallo stesso Signore forse per la sua condotta troppo disinvolta a corte, sì che finì in carcere donde potè uscire grazie all’intercessione di potenti amici tra cui il cardinale F. Gonzaga: non lasciò però il ducato, continuando il suo “lavoro” di poeta cortigiano, ma se ne staccò, per libera scelta e col consenso ducale, nel 1615 per andare alla corte di Parigi ove era stato chiamato dalla regina madre (di Luigi XIII) sua ammiratrice e mecenate che gli concesse un proficuo periodo di produttività artistica.

Godette sempre di grandissima fama e di numerosissimi “Fautori” risultando un vero e proprio caso letterario (tanto da suscitare annose e violente polemiche cui non mancò di partecipare Aprosio per quanto dispiaciuto dall’esser nato troppo tardi onde conoscere di persona il Marino) per la rivoluzione estetica (la poesia che – per contenuti ed iridescenze espressive garantite da un uso sapiente del gioco metaforico – suscita la meraviglia e fa inarcar le ciglia dello stupefatto lettore) ed anche contenutistica (l’uomo – Adone – passivo di fronte ad una femmina dominante – Venere – che è dea sì ma soprattutto donna nuova, “dea-regina” per sensualità e lascivia) del suo smisurato e controverso poema Adone.

Comunque tutta la sua produzione (come la sua influenza sulla cultura contemporanea) fu enorme: non si dimentichino – tra tante opere – La Lira (Venezia, per il Ciotti, 1614), le Dicerie Sacre (Torino, per il Pizzamiglio, 1614), La Sampogna (Parigi, per il Pacardo, 1620), La Galeria (Ciotti, Venezia, 1619 ediz. scorrettissima di cui l’autore pretese e ottenne una ristampa nel 1620), il poema religioso La strage degli innocenti che, per quanto concepito sin dai primi anni del ‘600, fu editato solo dopo la morte del Marino con partizioni diverse a seconda delle scelte di tipografi e stampatori.

da Cultura-Barocca

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Il silenzio di Aprosio sulla contemporanea guerra dei Trent’Anni

Pieter Snayers (Anversa, 1592 – Bruxelles, 1666/1667), La battaglia della Montagna Bianca
Fonte: Wikipedia

Stupisce che Angelico Aprosio, attento ad ogni evento, non abbia mai parlato della terribile guerra dei TRENTA ANNI che andava insaguinando l’Europa ed anche le contrade che stava in quest’epoca visitando.

Il frate intemelio in effetti ne la sua Biblioteca Aprosiana parla di tempi di turbolenza ma non specifica altro, anzi trattando della sua città e quindi della frontiera occidentale ligustica, dà puttosto l’impressione di riferirsi al quasi perenne stato di conflitto tra la Repubblica di Genova e il Ducato Sabaudo, cosa peraltro logica, non potendo esser rimasto sordo l’agostiniano agli eventi guerreschi del 1672, proprio di pochissimo precedenti la stampa del repertorio bibliografico.

Questo suo atteggiamento apatista, in particolare per un personaggio curiosissimo e che ha operato in un’area strategica importante, tra Venezia ed i territori dell’Impero impegnato nella sanguinosa guerra dei Trent’anni, sorprende non poco davvero: per esempio, pur avendo soggiornato a lungo in Venezia ed aver operato nel contesto sempre incandescente del territorio dalmatico.

E del resto data anche la morale controriformista cui sostanzialmente si ispira il frate intemelio ancora stupisce che nulla dica a proposito delle varie fasi di un conflitto che contrappone riformati e cattolici. 

APROSIO, sfidandone anche gli impegni connessi ad un’epoca di turbolenze connessa alla Guerra dei Trent’anni (ma anche ai problemi interni della Francia con la rivoluzione della Fronda) conobbe molti personaggi di rilievo.

In particolare venne contattato dal potentissimo CARDINALE GIULIO MAZZARINO, primo ministro e poi in pratica reggente assoluto di Francia…

da Cultura-Barocca

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